COP16 Convenzione sulla Diversità Biologica
La COP16 della Convenzione sulla Diversità Biologica…
Quest’anno il tema della Giornata Mondiale della Biodiversità è “Siamo parte della soluzione”. Lo slogan è stato scelto per dare una continuità con il tema scelto l’anno scorso “Le nostre soluzioni sono nella natura”, che serviva a ricordare come la biodiversità sia la risposta a diverse sfide di sviluppo sostenibile.
Tra le azioni previste c’è l’ampliamento delle aree protette mondiali per innalzarle dall’attuale 17% al 30% e il potenziamento e la semplificazione della mobilitazione delle risorse per puntare a un ambizioso traguardo: raggiungere entro il 2050 una vera convivenza armoniosa tra uomo e natura.
La conoscenza e la conservazione della biodiversità sono i principali obbiettivi di un’area protetta. La ricerca scientifica e il monitoraggio costante sono gli strumenti più appropriati per farlo.
“Le specie selvatiche, minacciate dalla perdita di habitat, dipenderanno sempre più per la loro sopravvivenza da una protezione organizzata. A lungo termine, ciò è possibile solo se queste si mantengono in continua evoluzione nell’ambito di comunità naturali all’interno di aree protette…” Otto Frankel, 1970
Ancor oggi continuiamo ad affrontare la perdita di biodiversità al di fuori e purtroppo anche all’interno delle aree protette di tutto il mondo e questo accade anche in Costa Rica. I dati sono preoccupanti, quasi un milione di specie animali e vegetali sono in via di estinzione e dal 1900 nella maggior parte degli habitat terrestri e l’abbondanza di specie autoctone (cioè specie che si sono originate ed evolute nel territorio in cui si trovano), è diminuita di almeno il 20%. Se consideriamo che ad oggi in Costa Rica sono conosciute circa 92.000 specie rispetto a un numero presunto di almeno 500.000 organismi viventi, il rischio di perderne ancora prima che siano conosciute è relativamente alto.
Vale la pena ricordare ancora una volta le principali minacce alla sopravvivenza della biodiversità:
– Perdita, degrado e frammentazione dell’habitat: espansione agricola, attività estrattive (deforestazione, estrazione mineraria…), acquacoltura industriale, sviluppo urbano, infrastrutture, erosione, incendi, mancanza di sufficienti corridoi biologici.
– Sovra sfruttamento di specie selvatiche: caccia e raccolta, sfruttamento legale e illegale oltre la capacità di ripopolamento delle popolazioni (ad esempio pesca eccessiva o abbattimento di alberi di foresta primaria, in molti casi ancora consentito dalle normative vigenti).
– -Inquinamento: uso eccessivo di pesticidi, reflui minerari, industriali e urbani, fertilizzanti in eccesso.
– Cambiamenti climatici: causati del crescente rilascio di gas serra derivanti dalla combustione di petrolio e gas fossili e dalla distruzione delle foreste.
– Specie invasive: si diffondono inavvertitamente in tutto il pianeta e diventano concorrenti, predatorie o parassite di forme autoctone.
– Fattori intrinseci della specie: scarsa dispersione, scarso reclutamento, insufficiente specializzazione…
– Purtroppo vi sono ancora impatti poco conosciuti sulla biodiversità, come l’uso e lo smaltimento inappropriato della plastica, le acque reflue e l’inquinamento delle acque continentali e delle aree marino-costiere, sono esacerbati dai cambiamenti climatici.
Nel novembre 2021 si è svolto in Costa Rica il 1° Congresso Scientifico su Biodiversità e Conservazione organizzato da alcune università costaricane.
Sono state raggiunte alcune conclusioni interessanti e ben indicative che possono essere prese in considerazione anche dalla Riserva Karen Mogensen perché ci sono sfide sia nella gestione che nella ricerca, non solo per le questioni biofisiche, ma anche per questioni relative alla governance.
Si è convenuto che per la conservazione della biodiversità, è necessario un continuo sistema di monitoraggio e valutazione per identificare le minacce specifiche di ciascuna situazione, la loro entità e le implicazioni per la gestione, sia nelle aree di conservazione pubbliche che in quelle private.
È necessario per questo scopo definire un processo di priorità nell’indirizzo della ricerca. Questa necessità di definire delle precedenze si dovrebbe concentrare su questioni chiave relative alla conservazione e alla gestione della biodiversità e dei servizi ecosistemici che supporta. Ecco perché è fondamentale stabilire una netta differenza tra la ricerca sulla biodiversità e la ricerca sulla conservazione, anche se ovviamente c’è una relazione tra loro ed entrambe sono fondamentali.
Il Centro di Ricerca della Riserva Karen Mogensen attraverso la Stazione Bioclimatica in questo senso si propone come un esempio virtuoso: da un lato si studia la biodiversità in quanto tale individuando le specie animali e vegetali presenti e le loro caratteristiche biologiche e dall’altro, questi dati consentono di indagare quali sono le condizioni migliori per la loro conservazione, collocandole in un contesto ecosistemico generale, come l’importanza di disporre di aree forestali più ampie possibili, corsi d’acqua abbondanti e permanenti e un controllo costante per la loro protezione.
Buone condizioni di conservazione della biodiversità garantiscono una capacità di resilienza dell’ecosistema nel suo complesso, pensiamo agli effetti del cambiamento climatico: ci sono già informazioni inequivocabili su ciò che potrebbe accadere nei prossimi 30 anni a livello globale. Presso la Stazione Metoclimatica della Riserva stiamo già raccogliendo dati meteorologici da diversi anni con la collaborazione del nostro socio il meteorologo Luca Lombroso, del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Un’elaborazione dei dati a medio-lungo termine, consentirà di collegare queste informazioni a studi del possibile impatto sulla biodiversità della Riserva e accertarsi se un buon ecosistema in equilibrio può mitigarlo o se sarà necessario progettare strategie di adattamento più adeguate. Alcuni dati presentati di recente all’ultimo Summit sul clima di Glasgow relativi al problema della possibile siccità in Costa Rica nei prossimi anni, presentati attraverso mappe predittive, mostrano che, nella penisola di Nicoya, nell’area in cui si trova la Karen Mogensen Reserve, sarà ha mantenuto, grazie ai suoi boschi, un livello di umidità molto più elevato che in altre parti del Paese e questo è di grande conforto e sostegno all’ sforzo che stiamo facendo.
Quello che Asepaleco sta attuando per la Riserva Karen Mogensen con l’aiuto di Foreste per Sempre, per la conservazione della biodiversità ed il benessere ecologico e sociale della regione, dovrebbe essere ben compreso e maggiormente sostenuto, anche finanziariamente, dalla popolazione e dalle istituzioni locali ma più in generale dalla comunità internazionale .
Foreste per Sempre attraverso le donazioni dei suoi soci e simpatizzanti sta facendo la sua parte e speriamo che questa sensibilità rimanga e continui. Non dimentichiamo infatti che dalle aree confinanti con la Karen Mogensen proviene una costante minaccia per un tipo di sviluppo agricolo non sostenibile e per l’avanzare di piantagioni di teak, per cui è ben giustificata l’urgente necessità, ove possibile, di ampliare la Riserva acquisendo nuovi lotti e da qui proseguire , con l’aiuto di tutti, nella campagna di reperimento e raccolta di fondi per l’acquisto di nuovo terreni da riforestare e conservare… per sempre!
Dario Sonetti
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